LE TERRE MALATESTIANE
Numerosi sono i castelli, le rocche, le fortificazioni che tra la Romagna e le Marche hanno fatto parte del dominio dei Malatesta, la potente famiglia riminese titolare di queste terre tra Medioevo e Rinascimento. Nel 1247 la riminese Concordia De' Particitadi va in sposa a Novello Malatesta da Verucchio portando in dote numerosi "castelli", compresi quelli di San Mauro e Giovedìa (oggi segnata dalla superstite presenza della "Torre"). Il controllo su queste ed altre terre romagnole è confermato esplicitamente da varie bolle pontificie che fanno più volte riferimento a San Mauro e Giovedìa ora come "tombe" ossia residenze fortificate, ora come "ville" ossia villaggi rurali, appartenenti al comitato riminese. Nel 1358, con la costituzione del vicariato autonomo di Santarcangelo, fatto dipendere soltanto dall'autorità della Chiesa, il destino delle due località subisce una temporanea separazione: Giovedìa resta ai Malatesta mentre San Mauro rientra nei territori santarcangiolesi. Più tardi, le vicende dei due nuclei si ricongiungono nuovamente, tant'è che nel 1398 Galeotto di Giovanni Malatesta controlla San Mauro "con tutti i suoi abitanti ed il fortilizio fatto erigere da suo padre nel 1361". Il periodo di passaggio tra il Trecento ed il Quattrocento vede il consolidarsi della signoria malatestiana fino a quando Sigismondo Pandolfo, capo indiscusso di Rimini, dispone (nel 1443) che "il fortilizio di San Mauro e di Giovedìa", beni contesi tra i diversi parenti, siano concessi a Gottifredo d'Iseo, suo fidato uomo d'arme. I quasi duecento anni di controllo malatestiano su queste terre trovano particolare riscontro a Giovedìa, località conformatasi nel tempo più come possedimento terriero che come centro abitato. Qui diversi componenti del casato dominante dispongono di ampie distese fondiarie e tra i vari personaggi della famiglia spicca Antonia da Barignano, donna di grande carattere, madre di Sigismondo Pandolfo e Malatesta Novello, rispettivamente signore di Rimini e Cesena. La nobildonna sceglie come sua residenza proprio la fattoria fortificata di Giovedìa, posta a metà strada tra le due città. Per effetto di questa scelta abitativa, Antonia arriverà ad esercitare il proprio potere anche sugli abitanti di San Mauro e, in tale importante figura, sta la chiave dell'autonomia stessa di San Mauro e Savignano. Le aspirazioni separatistiche dei sammauresi sarebbero sicuramente fallite se non avessero potuto fruire di una circostanza eccezionale: la presenza di Antonia che fu gratificata dal figlio con la concessione degli Statuti alla comunità di cui era Signora. |
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