UN PO' DI STORIA
Sappiamo che nel 1600 i ciabattini a San Mauro erano solo quattro...
Tra il 1830 ed il 1900 era già presente un discreto nucleo di ciabattini. Era un mestiere saltuario e stagionale, consistente nella riparazione di scarpe dietro il deschetto sull'uscio di casa, oppure a domicilio. Le scarpe aggiustate sono di solito merce di scambio per ottenere prodotti alimentari e generi in natura.
All'inizio del nuovo secolo la produzione di scarpe compie un balzo in avanti ed i ciabattini passano alla confezione completa di calzature, da vendersi nei mercati dei paesi vicini. In questo periodo un gran numero di sammauresi esercita il mestiere, tanto da costituire una numerosa comunità con tanto di bandiera (1901).
E' con la prima guerra mondiale che si gettano le basi per il futuro sviluppo dell'industria calzaturiera. I ciabattini affrontano la crisi producendo scarpe per l'esercito, ottenendo la qualifica di fornitori dei commissariati militari con esonero di leva; una circostanza che invoglia molti giovani ad iniziare il mestiere.
Alla fine del conflitto l'attività continua e nascono anche due cooperative di produzione, politicamente orientate in modo diverso. Non era raro vedere, in estate verso il tramonto, nuclei di artigiani uscire dalle anguste botteghe con i propri deschetti e gli arnesi del mestiere.
Sul finire degli anni Venti, per fronteggiare la crisi economica che attanaglia il paese, i calzolai si riuniscono in una cooperativa patrocinata dal governo fascista. Il rinnovo della commissione di scarpe per l'esercito, soprattutto scarponi per gli alpini, garantisce al paese una relativa floridezza. Il lavoro era effettuato completamente a mano "con degli spaghi di diciotto fili pieni di pece perchè a lavoro finito dovevano essere impermeabili". Mussolini, in una delle sue visite a San Mauro, sostiene la necessità di una prima meccanizzazione; allo scopo eroga, nel 1939, la considerevole (al tempo) somma di 88.000 lire: la stampa di regime dà grande rilievo all'avvenimento, esaltando lo straordinario intervento e la magnanimità del Duce.
Alla fine della seconda guerra mondiale l'economia di San Mauro è ancora prevalentemente rurale con una limitata presenza artigiana. La comunità dei ciabattini, che durante il conflitto aveva continuato a garantire le forniture militari, cerca di riportare in vita, su basi diverse, la vecchia associazione fascista.
Lo sforzo più serio si deve al signor Montanari, calzaturiero bolognese, che raccoglie quel che restava delle attrezzature e della manodopera, mettendo insieme una piccola fabbrica. L'esperimento dà esiti modesti ma, intanto, le famiglie artigiane sammauresi hanno ripreso l'attività (Pollini, Mazzotti, Paganelli e Zoffoli). I commerci si ampliano nei centri vicini di Cesena, Rimini e Forlì.
La svolta decisiva per il futuro dell'economia locale risale alla seconda metà degli anni Cinquanta quando la ripresa nazionale si fa più incisiva ed i piccoli laboratori locali vengono superati dal cosiddetto "capannone": di conseguenza intere famiglie abbandonano i campi per trasferirsi nelle nuove fabbriche. Lo stimolo maggiore proviene nel 1957 dalla costruzione della MIR-MAR, il primo stabilimento calzaturiero di dimensioni industriali ed ad alta tecnologia.
In coincidenza del cosidetto miracolo economico negli anni Sessanta le aziende si ampliano, si ammodernano, emergono ed arrivano nuovi imprenditori. Accanto ai calzaturifici nascono e prosperano aziende sussidiarie, specializzate nella fabbricazione dei semi-lavorati (suole, tacchi, fondi), tomaifici, laboratori per lo sviluppo dei modelli e per il taglio a mano e a macchina.
L'industria calzaturiera sammaurese, che si rifà alla tradizionale "buona scarpa" fatta a mano e di qualità, decolla fino a conquistare i mercati internazionali.