UN CAPPELLO PER ZVANI'
Tra i motivi principali all’origine dell’attaccamento di Pascoli alla terra natale, oltre al sentimento che lo univa alla famiglia, troviamo senza dubbio l’affetto che il poeta nutriva per gli amici d’infanzia Oltre al famoso amico sammaurese Pirozz, Pietro Guidi, ce n’erano molti altri che Pascoli ricordava e salutava nelle tante lettere inviate ai concittadini.
Sindaco Gori, Le viene in mente qualche amicizia particolarmente cara al poeta, oltre al migliore amico Pirozz, o qualche aneddoto sui suoi amici sammauresi?
Sembra che un certo Eugenio, noto a tutti con l’appellativo di Sberaglia, fosse divenuto un grande amico di Pascoli, frequentando la casa di San Mauro fin dalla giovinezza. Giovanni, benché più giovane di quasi dieci anni, amava seguirlo nei campi quando Sberaglia, cacciatore appassionato, si recava lungo il Rio Salto in cerca di selvaggina. Dai racconti dei sammauresi sull’amicizia tra i due si apprende che Pascoli aveva imparato da lui ad imitare col fischietto il canto degli uccelli e tutti i segreti sulla caccia.
Da cosa deriva l’appellativo “Sberaglia”?
Su questo punto abbiamo varie testimonianze: dalla pubblicazione curata da L. Elvezio Franceschini, Personaggi romagnoli e d’altre regioni si evince che l’appellativo derivasse dalla sua implacabile avversione alla “sbirraglia papalina”, essendosi lui arruolato coi Garibaldini. Da fonti orali, invece, sembra che questo soprannome gli fosse stato attribuito proprio da Pascoli, il quale dopo avere ascoltato i suoi discorsi in cui si vantava di avere “sbaragliato il nemico che rinculava”, aggiungendo “adès ul’ sa l’os-cia dla madòna duò ch’ us sia”, avrebbe detto a voce alta: “Bravo Sberaglia!”. Da allora fu per tutti e per sempre solo Sberaglia. Per un lungo periodo i due amici non si erano visti ma quando Pascoli era a San Mauro si ritrovavano, specie durante le vacanze estive. Un incontro segnò in particolar modo la loro amicizia: Pascoli doveva dare un esame importante all’Università di Bologna ed era molto preoccupato perché non aveva nemmeno un cappello; Sberaglia, nonostante fosse poverissimo, si adoperò come facchino per trovare i soldi e poter comprargliene uno degno di tale occasione.
Pascoli si ricordò sempre di questo suo amico, anche quando divenne celebre poeta?
Certo, addirittura quando Sberaglia, per bisogno di soldi, fu costretto a vendere le medaglie conseguite per le sue imprese, il poeta si adoperò presso il Ministero competente affinché gli fossero restituite; si racconta che durante un pranzo ufficiale offerto dal Comune al proprio illustre concittadino, Pascoli riconsegnasse le medaglie all’amico dicendogli scherzosamente all’orecchio: “te, però, al mudai, ta tli siri ?bbeudi! (Tu, però, le medaglie te le eri bevute!).